Un arco che sembra un cielo stellato di pelle
Marie Achebe

L’opera presentata da Nero per il progetto di AMAA in Arsenale racchiude la più peculiare attitudine dell’artista: il saper leggere lo spazio e le idee nascoste dentro i progetti e nei luoghi per trasformare il tutto in sculture ed installazioni che saziano lo spettatore.
Con questa monumentale scultura, realizzata presso lo spazio veneziano di Zuecca Projects, Nero unisce una serie di materiali inusuali ponendo in dialogo linee temporali distanti e due territori estranei e contrapposti, la collina della ex base NATO in Monte Calvarina (tra Vicenza e Verona) e la laguna veneziana.
I pali della recinzione prelevati dalla base militare, privati del filo spinato, vengono capovolti ed assemblati, unendosi ai tondini in ferro da carpenteria del Padiglione della Germania (Biennale 2023), la parte superiore in legno é stata invece recuperata degli allestimenti della Biennale 2022 grazie allo staff di R3B | Rebiennale, sui lati, ancorati in esterno, troviamo due isolatori del comparto elettrico della ex base NATO.
Nero, in questo progetto come in altri, recupera e saccheggia. Nello studio veneziano di AMAA preleva l’ottone dei primissimi modelli architettonici lavorandolo e trasformandolo in piastre forate, rondelle e giunti su misura.
Concludono l’intervento, con poesia e ragione, una serie di elementi a dir poco onirici, che Nero ha recuperato, anch’essi in laguna, calandosi da un muro, raggiungendo così una piccola spiaggia che dell’uomo accoglie da anni i detriti. Come sempre, come un cercatore, archeologo del recente e del prossimo, raccoglie e conserva antichi frammenti di terracotta (a volte ingobbiati e graffiti, altre affumicati e corrosi) e colli di bottiglie di vetro, spaccati ed erosi dallo sciabordio, tra sabbia e piccoli sassi.
Con il ritrovamento di questi ultimi elementi in terracotta crea una sorta di piccolo museo nella parte aperta della struttura, che impone all’osservatore di volgere la testa verso l’alto, tra piccoli contrappunti e âgée incastonati e sorretti tra ottone modellato; mentre i verdi vetri finiscono per diventare elementi floreali, erbacce, precariamente arroccate in cima all’arco.

Ardita e piacevole, la scelta di Nero, da tempo talentoso produttore di preziose ceramiche, di non inserire degli elementi di nuova produzione in questo progetto, seguendo senza troppi problemi le indicazioni della curatrice Lesley Lokko che auspicava il tema della decarbonizzazione.

Capriccio from ruins (that time the hills dropped into the lagoon) prende spunto dai “capricci con rovina” che hanno reso famoso Francesco Guardi nel 1700, che Nero ci restituisce in quest’opera con un suo classico gioco di parole che trasforma il con in da, indicandoci che da rovine ed oggetti dimenticati – e trasformati – questa imponente scultura é stata composta.