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veduta della mostra / exibition view |
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ho qualcosa sul naso ovvero prima fase del virus amore, 2008
terracotta smaltata / glazed earthenware
105x29x47 cm |
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l’ultimo figlio di atteone ovvero progenie mitologica, 2008
terracotta smaltata / glazed earthenware
111 x 44 x 56 cm |
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veduta notturna dell’installazione dai giardini / night exibition view from the garden |
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Le ossa del cane nel cuore PAC - Padiglione d'Arte
Contemporanea/Milano
Mi sembrava una buona cosa nella notte dell’arte, nei giorni del MiArt, fare guardare alla luna alcuni bei cani neri che avevo trovato in una notte faentina.
L’artista mi era apparso propizio al Circolo degli Artisti, meta tante volte raggiunta negli anni degli incontri baccariniani davanti alle belle lastre di Federico Bonaldi.
Nero, così il giovane sognatore dei cani si chiama, ci aveva chiesto attenzione, e attenzione ha avuto. Con la quasi materna assistenza di Stefania Morici e l’occhio disincantato di Isabella Valli, entrambe a testimoniare curiosità e persuasione, trovandosi nella singolare circostanza di presidiare due fotografi inquietanti e piuttosto animali felicemente esiliati al Pac dopo la minaccia di essere respinti dalla città di Milano. Ma oggi tutto ritorna la posto giusto e sono i cani di Nero a tener lontani gli increduli e i sospettosi.
Cosa intenda, con la loro presenza, testimoniare Nero, non sappiamo; ma è certo che la loro presenza si avverte e dà senso allo spazio.
Domenico Piraina intende sentirli latrare una sola notte. Ma io gli ho detto che di giorno i cani si pla¬cano e potranno continuare a vigilare gli amanti e a difendere i morti nelle lunghe giornate di aprile crudele.
Vittorio Sgarbi
FORMA MENTIS CANIS
I fratelli Chapman rappresentano esseri ermafroditi con anomalie genetiche in molteplici combinazioni anatomiche, esasperando le idee di bellezza e bruttezza inerenti al corpo, alle sue ferite, alle sue malattie.
Damien Hirst seziona gli animali imponendo l’attenzione sulla Morte.
Nero li mutila, li incastra, li modifica, offrendo loro una diversa identità morfologica.
Sono figure eidetiche imponenti, non manipolate, ma manipolatrici.
Levrieri dalle origini egiziane guardano chi li guarda. Hanno l’aria di proteggere chi li osserva. Forse rassicurano. Inquietano. Potrebbero deridere chi li sta guardando.
Hanno pieno potere, il controllo della vita con cui sembrano giocare.
Scrutano attraverso maschere irriverenti, teschi umani, innalzano cuori e ossa, hanno appendici antropiche.
Sono cani, conosciuti per essere amici e fedeli. Ma questi cani s’impossessano della realtà. La trasformano in sogno, incubo, delirio surreale.
Jean Baudrillard scrive “è sempre una questione di dimostrare il vero attraverso l’immaginario”. E qui, l’immaginario evoca inevitabilmente problematiche eterne: vita, morte, artificio, potere.
Nero interpreta, attraverso alani e dobermann, guardiani di elucubrazioni mentali; traveste di ceramica il vivere quotidiano, dissacrando dedizione e lealtà.
E non a caso il suo intreccio fra bello e brutto, costretto in un coagulo, è inserito in un contesto di “scomodi” classici del nostro tempo.
L’allegra crudeltà di Witkin mostra il perfetto equilibrio tra ciò che è devastante e ciò che è inquietante.
I corpi deformi di Saudek narrano di grovigli, lacerazioni, ferite e malformazioni, amori, passioni, in un tempo allontanato.
Le ambigue figure di Nero evocano paure e difese, celando una particolare ironia che non ferisce il cuore.
Semplicemente quello che è dichiarato nel titolo.
Isabella Valli
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