extra
|
|
 |
|
particolare da / detail from la vera storia di san giovannino ovvero consumandosi dietro una coltre di vita |
|
|
 |
|
la vera storia di san giovannino ovvero consumandosi dietro una coltre di vita, 2009
terracotta smaltata, legno, acciaio, poliuretano, silicone, ombrellini da cocktail / glazed earthenware, wood, steel, polyurethane, silicone, cocktail umbrellas
191x277x143 cm |
|
|
 |
|
veduta dell'opera / view of the work |
|
|
 |
|
veduta dell'opera / view of the work |
|
|
Vincitore nella sezione
scultura / Winner in the sculpture
section R.A.M. 08/09
Santa Maria delle
Croci/Ravenna
LAMBIRE I CONFINI DELLA VITA
(AN UND FÜR SICH)
Tenendo fede a un pseudo-biografismo, NERO si “appropria” del busto del San Giovannino (opera attribuita a Benedetto da Maiano) collocandolo in una nicchia della Chiesa di Santa Maria delle Croci a Ravenna, alla maniera in cui l’originale figurava a suo tempo nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Faenza. Del San Giovannino Argnani aveva scritto che «l’arte vince la materia talché l’adolescente precursore ti sembra vivo, di carne e parlante».
Benché continuiamo a credere all’immortalità dell’anima e alla resurrezione dei morti, abbiamo smesso di credere alla possibilità di animare le statue. Motivo che spinse al suicidio il Fidia de Le Chemin de Paradis di Maurras, dacché gli dei lo avevano privato della facoltà di vivificare le figure impietrite. NERO – che converte la politezza del marmo di Carrara usato da Maiano nel bianco algido della ceramica faentina – si ostina nella ricerca di qualcosa di vitale attraverso la dissezione di corpi/opere inanimate. Egli vuole indovinare quale sia il carattere meraviglioso della creazione: il pneuma, filosofico “principio di vita” della Grecia antica. In sfregio a Ippocrate e a Galeno, l’artista studia la forma dell’arte come morfologia della vita, la funzione come fosse fisiologia umana, rimestando i processi estetici con quelli biologici sopra un rudimentale tavolo anatomico. Diversamente dai fedeli che affidano le salme alla santa chiesa, gli artisti consegnano le loro opere ai musei, sennonché tra composanti e gipsoteche c’è poca differenza; per la stessa ragione, NERO vorrebbe profanare e depredare i musei come si faceva con i cimiteri… naturale predisposizione a delinquere di un anatomopatologo (del Bello) ossessionata dalla conoscenza (della Forma in quanto Significato). Ecco allora il San Giovannino rendersi passibile di lobotomie, accanimento demi/chir-urgico che insiste sui tagli e sulle suture pur di afferrare l’anomalia, quell’almus [“che alimenta”] destinato a violare la sacralità dell’arte, e così pure il mistero della vita. «L’arte è un alibi?» si era chiesto Baj: qual è dunque il movente? Insufflare le spoglie delle statue come un novello Pigmalione? Passare dall’ispirazione artistica direttamente all’inspiriting [per dirla con parole di Oppenheimer]? Scoprire il segreto che si cela sotto secoli di storia, quando cioè il Non-Essere aspirava ancora all’Essere?
Va da sé che in Un Chien Andalou Buñuel aveva impugnato un rasoio per recidere l’occhio di una giovane donna, NERO – che di cani se ne intende – si diverte a infierire sul Giovannino accecandolo con degli ombrellini da cocktail, rischiando invero di trascendere lo spirito animistico con un delirium tremens che malamente dissimula le paure più recondite. Paura di incrociare lo sguardo del Santo, di guardare le [ri]membra[nze] che possono destarsi dal suo busto?
Alberto Zanchetta
|