solo
|
|
 |
|
END, 2009
veduta dell'opera / view of the work |
|
|
 |
|
END, 2009
legno riciclato e lastre tipografiche in alluminio riciclate / recycled wood and recycled typographic plate
dimensioni totali / total dimension 400 x 150 x 15
cm |
|
|
 |
|
veduta del punto di vista / view of point of view Palazzo Nardini |
|
|
 |
|
old school ovvero from the wood to the hood, 2009
diversi materiali / mixed media
dimensione ambiente / ambient dimensions |
|
|
 |
|
particolare da parte dell'installazione / detail from part of the
installation old school ovvero from the wood to the hood
|
|
|
 |
|
three trees and a man, 2009
stampa fotografica su carta / ink-jet print on paper
dimensioni variabili / variable sizes |
|
|
 |
|
god direction, 2009
acrilico su carta / acrylic on paper
30x24 cm
|
|
|
 |
|
almost in the end, 2009
stampa fotografica su carta / ink-jet print on paper
80x35 cm
|
|
|
MongArte/Racconti plurimi del riciclaggio - quarta edizione
Palazzo Nardini/Sogliano_FC
NERO (all’anagrafe Alessandro Neretti, Faenza 1980) si è espresso pienamente nell’ottica del dinamismo che MONGARTE presuppone, sulle maglie stimolanti di un work in progress, reinterpretando lo spazio di Palazzo Nardini, sede della Sogliano Ambiente, attraverso la sua personale cifra stilistica, nella visione dell’uomo e del suo “vivere randagio”. Emerge puntualmente il travaglio interiore dell’artista nell’opera di recupero di una vecchia palla trovata in riva al mare, riempita di detriti e in parte ricoperta da specchi, come fosse una sfera da discoteca. Frantumazione e ricomposizione, in un’enfasi combinatoria, che già a partire dalla cantina, l’antro sullo sfondo che si tramuta in una sorta di “natural
disco”, rende ancor più straniante questa inappartenenza dei luoghi. A sottolineare che «la via lastricata d’oro sarebbe la più facile ma quella che ci dobbiamo guadagnare - quella dell’antro della vita - è la più difficile, faticosa e piena di sacrifici» (Nero).
Dalle riflessioni progettuali iniziali - documentate qui in catalogo - le concrezioni si sono sciolte nelle metamorfosi maginarie declinate per nuovi significati. Come quelle dei tre alberi - sagome di legno eseguite con legno di scarto recuperato e stuccato, a sviluppo del concetto dell’effimero, del dichiaratamente fittizio rispetto al dato naturale (il piedestallo che sorregge ogni albero è davvero emblematico). Poi, la scelta rigorosa di declinare tutto in base tre (Dio Uno e Trino), come a riallacciare idealmente questi lavori su di un numero perfetto: tre le sagome degli alberi dichiaratamente “finti”; tre le lettere che compongono il nome di Dio (GOD) esemplato in rosso, nella scatola illuminata, a tre
piedi, con freccia direzionale che indica il percorso nell’antro; tre quelle che sanciscono la fine della vita terrena (END) - memento mori - ma che ci proiettano già nel senso di una resurrezione post mortem. Così, come anticamente ricorreva spesso nei dipinti l’immagine del teschio, a monito e testimonianza della Va nitas; nelle Confessiones agostiniane si legge: «Tanta vitae vis est
in homine vivente mortaliter!» (Facoltà immensa di vita nell’uomo che vive per morire!).
Marisa Zattini
|